
home | propaganda | comunicazione | dove siamo | contatti |


05 May 05 --- comunicato cw e rld crew sui fatti della mayday 005
NON C'E' SANTO CHE TENGA.
A tutti quelli che pensano che per partecipare alla mayday sia
necessario, semplicemente, fare un carro, delle azioni e
comparire sui media.
Quello che pensiamo dei fatti inaccettabili accaduti durante
la parade lo abbiamo già detto e sottoscritto.
La solidarietà ai feriti e ricoverati la ripetiamo visto che
sono i nostri fratelli.
Le critiche mosse verso l'assemblea milanese della mayday sono
corrette e i limiti (nostri e di tutti) sono evidenti e incontestabili.
Ma la parade non è nata con i servizi d'ordine ma liberandosene.
Chi ha fatto la forzatura lo aveva calcolato e in questo sta la
profanazione del mito.
Come sempre la May Day è stata eclatante.
Questa frase, in questa o altre forme, è stata ripetuta in ogni
comunicato, presa di posizione o racconto dei fatti.
E qui finisce la percezione comune di quel che è successo.
Più volte è stato ripetuto che la mayday parade vale molto di
più della sommatoria dei valori delle realtà che l'organizzano.
Anche questa affermazione sembra essere comune a tutte le
prese di posizione.
L'abbiamo pronunciata nell'introduzione dell'ultima assemblea
che aveva il compito di dirimere la questione esplosiva dei carri
e dell'entrata in piazza (ma ci pensate a una partenza senza il
minimo ordine?). Eppure possiamo dirvi senza ritegno che a
questa frase non crediamo sul serio e cercheremo di spiegare
il perché.
Già dall'anno passato, quando scazzi inenarrabili rischiavano di
bloccare il processo virtuoso di questa parade, si venivano
secondo noi a mostrare due tipi di attitudini: la prima si traduceva
nella difesa della propria posizione/rappresentazione della
precarietà (sostanzialmente carro ed azioni) e, nel migliore dei
casi, nel non rovinare il fanta giochino comunque portatore di
pregi e vantaggi; la seconda, invece, di cui sentiamo di far parte,
era ed è quella di ragionare e implementare questo singolare
processo di produzione (autonoma!) di senso, immaginari e conflitti.
Ossia non fermarci al metodo ma carpirne le necessità, le più
profonde implicazioni ed esaltarne le più alte potenzialità.
Singolarmente.
I bisogni, o meglio le condizioni necessarie, noi le abbiamo
individuate negli spazi di garanzia, ossia nei momenti condivisi
di lavoro comune: i manifesti senza sigle, il media center in
piazza, il carro comune, le cartoline, gli spot senza firme. E
ce li siamo accollati.
Le implicazioni, che sono tutt'oggi oggetto di discussione, ci
dicono che le forme del conflitto devono cambiare come le
relazioni e le interazioni fra gli individui che lo devono
interpretare. Quali tematiche e quali modi per il conflitto
siano derivate da questo ragionamento, nei percorsi da noi
intrapresi, oltre l'evoluzione massiccia e potente della mayday,
è di fronte a tutt* :
San Precario e gli immaginari; "adotta la catena" e il conflitto;
"Tutti Santi Tutti Stronzi" e il ribaltamento del senso; Serpica
Naro, le complicità e la reticolarità.
Per le potenzialità, ovvero le prospettive, bisogna arrivare a
quest'ultimo primo maggio.
Mentre tutti gli spazi comuni venivano a cadere, considerati
velleitari non da qualcuno in particolare ma da tutti, ci siamo
posti il problema di tracimare il conflitto esercitato
dall'attivista e dalle rappresentazioni delle precarietà fatta
dai militanti e siamo ritornati sempre alle stesse conclusioni:
per pervadere il sociale di radicalità e di alterità
l'identitarismo rimane un momento ovviabile e l'esigenza del
comune si conferma un terreno imprescindibile.
Ci siamo detti che il torto più grande che potevamo fare ai
precarizzatori era quello di uscire dall'ovvietà delle
organizzazioni e infliggergli relazioni straordinarie fra precari
e precarie. Da qua gli Imbattibili e il pretesto delle figurine
dei supereroici. Il censimento dei coinvolti in ciò non è
misurabile, nè nella parte di attiva partecip/azione nè nella
parte di attiva inter/azione. Comunque centinaia i primi e
migliaia i secondi. E' tanto al di sopra delle forze di CW e
RLD che ci sentiamo ridicoli a rivendicarceli. Infatti non lo
facciamo e per questo nessuna nostra firma è comparsa nella parade.
Ma l'Idea sì. Perché se il trovare un tesoro è questione di
fortuna, il saper cercare è questione di fiuto.
A chi ha stralciato i momenti comuni; a chi ha creato tensioni
elargendo ambiguità fino all'ultimo, parlando a bassa voce e
negando quello appena detto ad alta voce, sui carri, sulla testa
del corteo, sui regolamenti di conti; a chi ha messo la firma su
tutto e tutti; a chi si accontenta di una mayday con tanti carri;
a chi vede in ogni percorso un cadavere e complotti in ogni
angolo; a chi ha voluto nascondere la testa sotto la sabbia;
a tutti questi la responsabilità.
Non possiamo trovare in tutto questo la risposta ai percorsi che
cerchiamo, alle complicità a cui aspiriamo; fuori da noi e dai
nostri ghetti incontreremo esistenze creative.
La mayday morirà il giorno in cui non ci saranno più idee e non
quando qualcuno o qualcosa tenterà (senza riuscirci) di
impossessarsene.
Vi salutiamo in ordine sparso.
Chainworkers - Reload
NON C'E' SANTO CHE TENGA.
A tutti quelli che pensano che per partecipare alla mayday sia
necessario, semplicemente, fare un carro, delle azioni e
comparire sui media.
Quello che pensiamo dei fatti inaccettabili accaduti durante
la parade lo abbiamo già detto e sottoscritto.
La solidarietà ai feriti e ricoverati la ripetiamo visto che
sono i nostri fratelli.
Le critiche mosse verso l'assemblea milanese della mayday sono
corrette e i limiti (nostri e di tutti) sono evidenti e incontestabili.
Ma la parade non è nata con i servizi d'ordine ma liberandosene.
Chi ha fatto la forzatura lo aveva calcolato e in questo sta la
profanazione del mito.
Come sempre la May Day è stata eclatante.
Questa frase, in questa o altre forme, è stata ripetuta in ogni
comunicato, presa di posizione o racconto dei fatti.
E qui finisce la percezione comune di quel che è successo.
Più volte è stato ripetuto che la mayday parade vale molto di
più della sommatoria dei valori delle realtà che l'organizzano.
Anche questa affermazione sembra essere comune a tutte le
prese di posizione.
L'abbiamo pronunciata nell'introduzione dell'ultima assemblea
che aveva il compito di dirimere la questione esplosiva dei carri
e dell'entrata in piazza (ma ci pensate a una partenza senza il
minimo ordine?). Eppure possiamo dirvi senza ritegno che a
questa frase non crediamo sul serio e cercheremo di spiegare
il perché.
Già dall'anno passato, quando scazzi inenarrabili rischiavano di
bloccare il processo virtuoso di questa parade, si venivano
secondo noi a mostrare due tipi di attitudini: la prima si traduceva
nella difesa della propria posizione/rappresentazione della
precarietà (sostanzialmente carro ed azioni) e, nel migliore dei
casi, nel non rovinare il fanta giochino comunque portatore di
pregi e vantaggi; la seconda, invece, di cui sentiamo di far parte,
era ed è quella di ragionare e implementare questo singolare
processo di produzione (autonoma!) di senso, immaginari e conflitti.
Ossia non fermarci al metodo ma carpirne le necessità, le più
profonde implicazioni ed esaltarne le più alte potenzialità.
Singolarmente.
I bisogni, o meglio le condizioni necessarie, noi le abbiamo
individuate negli spazi di garanzia, ossia nei momenti condivisi
di lavoro comune: i manifesti senza sigle, il media center in
piazza, il carro comune, le cartoline, gli spot senza firme. E
ce li siamo accollati.
Le implicazioni, che sono tutt'oggi oggetto di discussione, ci
dicono che le forme del conflitto devono cambiare come le
relazioni e le interazioni fra gli individui che lo devono
interpretare. Quali tematiche e quali modi per il conflitto
siano derivate da questo ragionamento, nei percorsi da noi
intrapresi, oltre l'evoluzione massiccia e potente della mayday,
è di fronte a tutt* :
San Precario e gli immaginari; "adotta la catena" e il conflitto;
"Tutti Santi Tutti Stronzi" e il ribaltamento del senso; Serpica
Naro, le complicità e la reticolarità.
Per le potenzialità, ovvero le prospettive, bisogna arrivare a
quest'ultimo primo maggio.
Mentre tutti gli spazi comuni venivano a cadere, considerati
velleitari non da qualcuno in particolare ma da tutti, ci siamo
posti il problema di tracimare il conflitto esercitato
dall'attivista e dalle rappresentazioni delle precarietà fatta
dai militanti e siamo ritornati sempre alle stesse conclusioni:
per pervadere il sociale di radicalità e di alterità
l'identitarismo rimane un momento ovviabile e l'esigenza del
comune si conferma un terreno imprescindibile.
Ci siamo detti che il torto più grande che potevamo fare ai
precarizzatori era quello di uscire dall'ovvietà delle
organizzazioni e infliggergli relazioni straordinarie fra precari
e precarie. Da qua gli Imbattibili e il pretesto delle figurine
dei supereroici. Il censimento dei coinvolti in ciò non è
misurabile, nè nella parte di attiva partecip/azione nè nella
parte di attiva inter/azione. Comunque centinaia i primi e
migliaia i secondi. E' tanto al di sopra delle forze di CW e
RLD che ci sentiamo ridicoli a rivendicarceli. Infatti non lo
facciamo e per questo nessuna nostra firma è comparsa nella parade.
Ma l'Idea sì. Perché se il trovare un tesoro è questione di
fortuna, il saper cercare è questione di fiuto.
A chi ha stralciato i momenti comuni; a chi ha creato tensioni
elargendo ambiguità fino all'ultimo, parlando a bassa voce e
negando quello appena detto ad alta voce, sui carri, sulla testa
del corteo, sui regolamenti di conti; a chi ha messo la firma su
tutto e tutti; a chi si accontenta di una mayday con tanti carri;
a chi vede in ogni percorso un cadavere e complotti in ogni
angolo; a chi ha voluto nascondere la testa sotto la sabbia;
a tutti questi la responsabilità.
Non possiamo trovare in tutto questo la risposta ai percorsi che
cerchiamo, alle complicità a cui aspiriamo; fuori da noi e dai
nostri ghetti incontreremo esistenze creative.
La mayday morirà il giorno in cui non ci saranno più idee e non
quando qualcuno o qualcosa tenterà (senza riuscirci) di
impossessarsene.
Vi salutiamo in ordine sparso.
Chainworkers - Reload
last comunicazione
20 Mar 06
sui fatti dell'11 marzo a Milano
08 May 05
Open Non E' Free
05 May 05
comunicato delle realta' milanesi sui fatti della mayday parade
05 May 05
comunicato cw e rld crew sui fatti della mayday 005
02 Mar 05
relogramma nr. 031
24 Feb 05
relogramma nr. 030
15 Feb 05
relogramma nr. 029
10 Feb 05
relogramma nr. 028
05 Feb 05
uomini e no - resistenza e cultura
01 Feb 05
relogramma nr. 027
sui fatti dell'11 marzo a Milano
08 May 05
Open Non E' Free
05 May 05
comunicato delle realta' milanesi sui fatti della mayday parade
05 May 05
comunicato cw e rld crew sui fatti della mayday 005
02 Mar 05
relogramma nr. 031
24 Feb 05
relogramma nr. 030
15 Feb 05
relogramma nr. 029
10 Feb 05
relogramma nr. 028
05 Feb 05
uomini e no - resistenza e cultura
01 Feb 05
relogramma nr. 027